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Mario
Ceroli
C'era una volta un pezzo di legno...
Roma
Biblioteca Vallicelliana
La mostra
La Biblioteca più antica di Roma,
la Biblioteca Vallicelliana di Piazza della Chiesa Nuova
ospiterà dal 26 Novembre al 7 dicembre i 12 Pinocchi
in legno di Mario Ceroli
.
C'è voluto del tempo per individuare lo spazio giusto
perché i Pinocchi di Ceroli non possono essere esposti
in una Galleria o in un Museo, Pinocchio è quel bambino
che come la maggior parte dei bambini non vuole studiare,
Pinocchio doveva essere inserito in uno spazio con tanti
libri in uno spazio dove si respira la storia, la cultura.
Il testo critico è stato preparato
da Maurizio Calvesi grande storico dell'arte
classe 1927 e curata da Gloria Porcella direttrice
della Galleria Cà d'Oro.
Madrina della serata sarà la fata
turchina Gina Lollobrigida.
Promotore della mostra evento l'Assessorato
alla Cultura del Comune di Roma.
Il Mastro Geppetto Romano, genio
del legno, ha creato delle opere straordinarie in mostra
per la prima volta a Roma.
La sua Città Roma è un punto
di partenza poiché la mostra girerà l'Europa, le prossime
tappe saranno Londra e Berlino, poiché
Pinocchio è patrimonio di tutti, così come Ceroli
è patrimonio per tutti.
Il suo genio non fallisce mai,
con i suoi "Pezzi di Legno" ha capito meglio
anche se stesso ed il motivo del suo operare e chissà
che un giorno questi burattini non diventino dei veri
bambini……….
SCULTURE CHE PARLANO
di Maurizio Calvesi
Le mie voci nella bibliografia
di Ceroli (a cominciare da quella che l'apre, del 1964)
saranno una ventina, forse più, eppure ogni volta che
scrivo di lui l'opera che ho di fronte non solo è diversa,
ma è una sorpresa che rinnova l'interesse e il piacere,
che elettrizza la penna e la spinge a muoversi sulla
carta: per dire, poverina, quel che sa dire, ma sempre
con sincera e rinnovata ammirazione.
Ceroli non poteva scegliere
un soggetto più congeniale al suo acuto talento, e non
solo perché Pinocchio rinasce così nel legno dopo essere
nato nel legno, ma perché pochi eroi della nostra letteratura
sono più prettamente italiani della sbarazzina creatura
di Geppetto e poche invenzioni della nostra scultura
risultano più originali e meno ripetitive.
Dico poche per dire quasi
nessuna. Mi tornano a mente le giuste parole di Cesare
Brandi: "L'importante è di non ripetere, di non
soggiacere, di non succhiare la ruota del primo in classifica.
Ceroli ha fatto una fuga, per continuare in gergo ciclistico:
è di nuovo in testa, ed è quanto di più italiano (sottolineo
la parola e chiaramente in senso strutturale e non nazionalistico)
ci sia oggi in Italia.
Fra giovani, ben inteso".
Di decenni ne sono passati, ma non cambierei una parola,
salvo cassare quel "fra giovani" (penso che Brandi volesse
evitare, con tale aggiunta, un'irriverenza verso il
suo amico Manzù).
Ceroli, in realtà, è sempre rimasto nel gruppo di testa;
in altre parole, continua oggi ad essere tra i due o
tre maggiori del nostro paese, nella scultura, e volendo
allargare al mondo, mi limiterei a raddoppiare il numero.
E' il solo, però, a sottrarsi del tutto a quel "peso
solenne" che della scultura è proprio e rischia a volte
di renderla incompatibile con i gusti di chi (non il
sottoscritto) concepisce la modernità unicamente come
affrancamento, totale, dal passato.
Non il sottoscritto, ho voluto precisare, e tuttavia
apprezzo anch'io, moltissimo, tale capacità d'affrancamento,
quando non è a prezzo delle qualità, della piena credibilità
come arte. Ed è sempre stato il caso di Ceroli.
Con Pinocchio egli aggiunge
una saporita grazia di racconto e di burla, che non
è propriamente ironia, ma è rivivere, far rivivere,
quell'arguzia e sapienza di Collodi nel coniugare lo
stupore infantile della favola con la piana, didascalica
maestria del racconto, nel tratteggiare l'incontenibile
vivacità del ragazzo burattino e il suo incontrarsi
con situazioni allegre, o inattese, o sconsolanti.
Così il Pinocchio di Ceroli
siede, cammina, si inginocchia, si gira, si piega, si
agita e con la pulita, diritta e ben staccata geometria
dei suoi agitati movimenti parla, esprime stati d'animo
di spensieratezza, impudenza, implorazione, disperazione,
riflessione, abbattimento; e sorpresa e meraviglia di
fronte all'improvviso, iperbolico allungarsi del proprio
naso.
Parla con le sue linee spezzate,
con i verdi i grigi gli azzurri degli indumenti, i rossi
delle lunghe orecchie d'asino o quelli aguzzi dei timpani
che sormontano il volto cubico, cavo, che è il teatrino
stesso delle sue gesta, parla con l'eloquente mimica
delle braccia e delle gambe in un gioco armonico, astratto
di piani e di colori, gioia degli occhi e continuo variare
del racconto.
Non vedo chi altri avrebbe
saputo esprimere tutto ciò con la finezza (straordinaria)
e l'inventività di Ceroli.
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