È affascinante e stupefacente riconoscere come nell’arte di Gabriele De Stefano convivano sempre aspetti fra loro contrastanti, elementi dicotomici che si contrappongono costantemente, generando una sorta di pulsione vitale dai toni spesso esasperati e dalle improvvise accensioni espressive. Non vi è pace in quest’arte non si può parlare di una superficie armonica in una struttura lineare e consunta, cromaticamente aggredita, calpestata, dissacrata e corrosa da una materia pittorica che non ammette clemenza e non concede respiro.
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I lavori di De Stefano dichiarano una struttura estetica estremamente complessa sul piano linguistico e profondamente articolata su quello tematico, da un lato la netta definizione di una superficie materica amalgamata dal collante pittorico, dall’altro una tabulazione enigmatica magicamente evocativa e simbolica.
La linea del contrasto si evidenzia subito sul crinale fra la definizione di una superfìcie territoriale e un orrizzonte iconico, cioè fra l’affermarsi di una grammatica espressiva dai contorni contemporanei e il ricordo di un’immagine dal potere narrativo e rassicurante.