Nel quarantennale della sua prima mostra, la Galleria Ca’ d’Oro celebra l’opera di Agostino Muratori, pittore romano – oltre che medico e botanico – con una personale dal titolo SILENZIO E RUMORE, summa di un percorso artistico ed umano. È vitalissimo Agostino Muratori, dipinge tantissimo: quadri piccoli, grandi, scene orizzontali in campo lungo, marine, battaglie, Roma, Anzio, le navi, l’Egitto, la Russia, l’Oriente, il Far West. Sempre all’aperto. Più che un vedutista – alla cui tradizione pur si riannoda – Muratori è un narratore, pittore di “esterni”, come si direbbe con un linguaggio cinematografico. Sono rarissimi gli “interni”, forse solo un Harem e niente più. Ed è proprio in questi spazi che prende corpo e senso il titolo della mostra: SILENZIO E RUMORE. Il Silenzio della natura; una natura dilatata, vagheggiata, quasi irreale nella sua dimensione interiore. Che riecheggia l’ Infinito leopardiano… ma sedendo e mirando, interminati // spazi di là da quella, e sovrumani // silenzi, e profondissima quiete // io nel pensier mi fingo; ove per poco // il cor non si spaura… Una natura tanto più intima quanto più sconfinata. E insieme ad Agostino rimaniamo tutti in rapito silenzio di fronte al Deserto, alle steppe, al mare di Anzio e ai prati di Villa Borghese. Non è un vedutismo descrittivo, o meglio, non è didascalico. E’ un vedutismo immaginifico. Pur rimanendo nella preziosa e sapiente ed esatta descrizione dei luoghi. Non è la natura quella che ci propone Muratori, è lo spettacolo della Natura di fronte al quale lo stupore si impadronisce di noi. E poi il Rumore. Il Rumore della gente. Dei soldati, dei bambini e delle bambinaie. Delle masse nell’Aida a Caracalla, del Generale Custer e degli indiani a Little Big Horn. Il rumore delle prime macchine a Piazza del Popolo, il rumore della cavalleria araba e dei guerriglieri afghani. Il Rumore della Storia. Ma è sempre un rumore infantile, chiassoso e giocoso al tempo stesso. Il rumore della scatola di latta piena di soldatini di piombo. Perché la Storia è fatta di tante storie. E’ rivissuta guardando una volta ancora le illustrazioni del sussidiario delle elementari. E sempre utilizza, Muratori, una tavolozza di colori molto ricca. Anche i notturni sono sempre caldi, pieni e profondi a partire dai neri e dai blu. Oppure i bianchi delle distese di neve o delle spume delle onde sono sempre vivi, forti, rotondi. Così come i rossi voluttuosi di un panneggio o del comignolo di una motonave. O ancora i marroni appena bruciati della terra o delle uniformi che fanno da contrappunto ai verdi lisci e striati delle agavi e ai verdi mai severi dei pini e delle ville di Roma. Non c’è dramma, non c’è tragedia, c’è solo leggerezza e vitalità. E gli olii scorrono sempre sul legno, il supporto preferito e più spesso recuperato proprio per dare una nuova vita a un oggetto buttato o dimenticato. Un’anta di un armadio, un timone, una spalliera. Vita sopra ad altra vita.
Come si ricordava all’inizio, Muratori è un medico e un botanico. Qualcuno lo ha definito per questo un dilettante. Da un lato è vero: in questi quarant’anni ha sempre dipinto per passione, per diletto. Ma forse è proprio questo il più grande elogio che gli si possa tributare: di essere, per sua fortuna, rimasto sempre un nobile dilettante. Lontano anni luce sia dalle piccinerie opportuniste del mercato e sia dalle piaggerie asservite ai solipsismi vaniloquenti di certa critica. No. Agostino Muratori ha sempre avuto una sola stella-guida: il piacere di dipingere. Per passione appunto. Per diletto.