Per sottrarsi al mondo non c’è mezzo più sicuro dell’arte, e per legarsi ad esso non c’è mezzo più sicuro dell’arte.
Goethe
Ed è proprio che da questa “premessa”, questa “verità” vi sia l’inizio, la continuità del suo rigore umano, etico, artistico di Marlisa Ciccarelli in cui la sua seria ricerca si estremizza con una pittura, a tutto campo, in cui l’elemento umano o, più etimologicamente rappresentato ne diviene testo, e non pretesto di un’arte costantemente divenire come un’alchimia in cui la presentazione di un corpo umano si estrinseca con nuove e personali visioni, attraversate dal colore posto su piani in espansione come un talamo d’amore o, di morte.
Queste opere scaturiscono da quelle rappresentazioni della pittura che per la Ciccarelli sono più fortemente espresse là dove una trepidante visualizzazione psichica quasi a farne risaltare, talvolta, una drammaticità intrisa da un’atmosfera di emozioni in cui il corpo umano si riflette sulla dimensione della tela come testi- monianza di una sua lirica compostezza, tré evocazioni, dispersioni, rifluenze, diluenze di memorie, evocative, al limite di un’assoluta libertà senza mai abbandonare quella sua specificità del rapporto che intercorre tra l’artista e la sua arte.
Certamente Marlisa Ciccarelli, schiva ma interessante, vera artista, ricca di riferimenti umani dilata le immagini con una tensione priva di solchi d’ombre ma attraversate da una spasmodica luce sino a creare il “mito” di un linguaggio con un orgasmo pittorico carico di tensioni, itinerari di una tenace irrequietudine di una sua assoluta “realtà” come evocazione tra il “Mythos” come testimonianza del suo “credo” artistico.
Qualora si dovesse, o si potesse fare dei riferimenti dell’arte della Ciccarelli, indubbiamente non potrebbero che essere riduttivi in quanto il suo inserimento nel panorama della contemporaneità diventerebbe di difficile accostamento perché lei, così schiva ma ricca della sua intensissima visione stabilisce un suo “unicum” e parsimonioso equi- librio come ponte di congiunzione tra la creatività di forme primordiali (e attualissime) condotte come un’intima creazione in cui ogni elemento ne diviene testo e non pretesto della sua personalissima visione con un orgasmo pittorico in una profonda e liturgica armonia.
Ne, d’altronde non si potrebbe separare il percorso etico, artistico della Ciccarelli, del suo contesto umano, di un vissuto per l’arte in quanto tutto il suo percorso è “unicamente” e “solamente” innestato in quel suo fare “l’Arte” e non del fare “dell’Arte”, condizione primaria derivante da un rigorismo al limite dell’ossessione, della sua intrinseca esigenza morale percorrendo un viaggio nell’Arte che, pur venendo da lontano, per quanto la riguarda, inizia e finisce con lei, sino alla bocca dello stomaco sapendo con precisione sino dove andare, consapevolmente conscia del suo vitalissimo percorso.
Ne, in ogni sua opera, vi possono essere delle titubanze, dei ripensamenti in quanto vi è sempre costante una metamorfosi in cui le immagini emergono nel senso più disincantato senza limiti assumendo così quell’assoluto orgoglio così ricco di contenuti poetici di rara forza espressiva. Ecco, quindi, il suo “viaggio” attraverso il corpo umano (dico: solamente corpo) che si ribalta su di un piano armonicamente distribuito (una, due, tre forme) consapevolmente distribuito armonizzandosi con perfetto equilibrio in cui, tra un impasto di dolcissimi, suggestivi colori, pare udire il sussurro di un melodioso canto all’uomo con una sonorità di immagini come fili conduttori di un racconto distribuito in eleganti, nobili presenze provenienti dalla memoria di un vissuto presente e profondo in cui i significati assumono le dimensioni di immagini non più frammentarie, ma reali com’è vero e reale l’uomo, o donna rappresentata.
Non è mai un’alchimia del “voluto”, del fine a se stesso ma è sempre costantemente un inno alla gioia dell’Arte, del suo irraggiungibile mistero della contemplazione di un’Artista che osserva con indubitabile avidità sempre pronta a cogliere tutti gli aspetti più reali e, perché no, ludici con una materia diluita sino alla dissolvenza della sua corposità senza, peraltro, mai diventare opaca, meno luminescente di come l’ha intesa, voluta l’Artista; direi che ogni riferimento ad altre esperienze artistiche o ad altri Artisti sarebbe improprio perché la Ciccarelli si muove, opera, agisce in un contesto che le è proprio, solamente, unicamente suo tanto da credere, intuire ad altri e più convincenti sviluppi nel proseguo della sua intensissima “corsa” senza tempo verso il grande, irraggiungibile mistero dell’Arte specialmente di chi non ha mai “barato” verso se stessa, come ha sempre fatto la Marlisa Ciccarelli.