Per la prima volta dopo quarant’anni il gruppo di artisti de “Il Pro e il Contro” si ritrova in una mostra collettiva a Roma, da un’idea di Sergio Troisi, organizzata dalla Galleria Cà d’Oro. In un luogo suggestivo,il complesso di San Salvatore in Lauro, una mostra coraggiosa, un documento storico del dibattito culturale promosso da questi artisti.
Il gruppo attivo dal 1961 al 1964 venne costituito dai pittori Ugo Attardi, Ennio Calabria, Fernando Farulli, Alberto Gianquinto, Piero Guccione, Renzo Vespignani e dai critici Antonio del Guercio, Dario Micacchi e Duilio Morosini.
Sono gli anni del boom economico, e nel clima di vitalità crescente, questi artisti propongono un ritorno alla figura come soggetto e alla pittura come tecnica, in opposizione alla tendenza dell’ultimo quinquennio con il trionfo dell’informale; si dissociano anticipatamente dalla Pop Art che avvertono come appiattimento e mercificazione dell’iconografia.
La poetica è quella della ricerca, del continuo confronto con i modelli, ma anche dell’impegno storico e civile per cui la figurazione non è semplice racconto o registrazione ma si carica di giudizio.
Il Pro e Contro caratterizza una società nuova senza perdere le proprie radici e mette a confronto nuove idee e tradizione, come traspare nei discorsi avvenuti con gli artisti (pubblicati in catalogo electa) alla galleria Il Fante di Spade a Roma nel 1963 per la mostra “Sette pittori di oggi e la tradizione” a cui partecipò anche Renato Guttuso. Attardi sceglie Manet, Guccione Luca Signorelli e Bacon, Gianquinto Tintoretto, Calabria il Beato Angelico.
La lezione del passato non viene elusa ma sentita come problematica da risolvere, in una continua tensione, la riappropriazione della tradizione e il rapporto con le avanguardie storiche sono calati nel presente alla luce delle problematiche attuali, perché sentiti non come lezioni esaurite ma aperte e attuali.
Cosa tiene insieme questo gruppo non è la omogeneità stilistica bensì il dialogo con la storia e la volontà di confronto e di dibattito nell’ambito di riconoscimento di poter rappresentare. Questi artisti rinnovano il legame con la società e ciascuno lo rende con una personale soluzione figurativa.
I percorsi individuali all’interno del gruppo non si contrastano ma si confrontano: la grafica di Vespignani, che scarnifica la realtà accanto alla frontalità delle architetture di Farulli, il realismo di Guccione e l’evoluzione della storia di Calabria, la drammatizzazione dei colori cupi di Attardi.
Ennio Calabria sintetizza così il dibattito: “non è che non avessimo preso in considerazione l’informale o la Pop Art ma ci sembrava che la Storia dell’Arte con la predilezione degli ISMI (cubISMO, futurISMO) in quel momento mettesse dei paletti, tendesse a definire dei campi, favorendo gli artisti che più si rifacevano a quello schema, quello che noi cercavamo in quel momento era invece alimentare il dualismo interno, secondo noi ogni evoluzione pone due temi in relazione: io e il mondo, soggetto e oggetto. Quello che noi cercavamo era la reazione della mente umana agli oggetti e non l’attrazione agli oggetti”.
Nella percezione della realtà, l’auspicio è quello di “sostituire al concetto di pittore testimone, molto spesso vittima del reale, quello del pittore motore della realtà.”
Anche se breve fu il tempo di vita del gruppo, importanti gli apporti che questa esperienza recò al dibattito culturale e artistico di quegli anni, soprattutto con la rivendicazione di un realismo lontano dal naturalismo e di uno spirito di indipendenza.
Ringrazio l’Ente Mostra di Pittura contemporanea della città di Marsala, a cui si deve l’ideazione e la realizzazione dell’evento nella Regione Sicilia e l’On. Claudio Santini, per l’attenzione che da sempre dimostra per l’arte contemporanea e per aver voluto il trasferimento di questa mostra a Roma.