Per LA NOTTE BIANCA, Manifestazione del Comune di Roma , la galleria ospiterà la mostra di disegni della Scuola dei Generi, un gruppo di artisti romani, da pochissimo attivi nel panorama della capitale, che hanno in comune il maestro Gino Marotta e l’Accademia romana.
Verrà offerto un aperitivo
Musica dal vivo
A cura di Gloria Porcella
Galleria Ca’ d’Oro
Piazza di Spagna 81
06 6796417
Orario: dalle 10.00 alle 24.00.
Presentazione:
“…Ocra-arancione…”
“Il colore di Roma non è più il colore di Scipione o di Mafai, di Donghi o di Tamburi. Vista dal Gianicolo o dai Parioli Roma ha oggi il colore grigio sporco delle vecchie ossa, il colore del fumo e dell’orina. Il marrone della pozzolana, il giallo della sabbia, il bianco della calce, il viola delle crete bisogna andare a cercarli nelle prose dei Rondisti. Il famoso ocra-arancione è rimasto superstite soltanto nei cortili dei collegi e dei seminari del centro…” (Leonardo Sinisgalli.“I martedì colorati”, 1967)
“Ho speso una parte notevole del tempo trascorso a Roma alla ricerca e alla contemplazione di questo colore; e mi capita di essere colto a un tratto da un’intensa nostalgia per una facciata, un angolo di strada, un muro su cui l’avevo trovato” (Paul Valéry)
Ho cercato a lungo una frase che potesse descrivere le emozioni che avvicinano oggi un giovane artista ad una città come Roma. Non volevo e non potevo perdermi nei discorsi di sempre che narrano di una città eletta, prediletta ed ineliminabile da ogni percorso di formazione artistica.
Come osservava Sinisgalli qualche decennio fa, il colore di Roma è cambiato e continua inarrestabilmente a cambiare; l’ocra-arancione cercato e trovato da Valéry, lo conosciamo appena ed il “grigio sporco” magari è tornato bianco splendente, ma non ha conservato lo stesso respiro.Non si deve però essere nostalgici guardando Roma.
Dato di fatto è che ormai, questa eterna città è disomogenea, disorganica, multisfaccettata e chi la vive è costretto a cambiare lenti troppo spesso. Infatti, non si può osservare nello stesso modo il centro e la periferia; non sopravvivono gli stessi odori, colori, rumori.
Non sopravvivono e, nello stesso tempo, una vera e propria identità si è persa: i luoghi sono diversissimi ma c’è un familiare giro di basso che sembra attraversare l’aria in ogni punto, perchè la vita di ognuno è mossa quasi sempre da un simile, veloce ritmo.
Queste contraddizioni, queste distanze divengono, per chi osserva, stimolanti, proprio perchè inconciliabili e fastidiose.
Gli striduli attriti di questa città portano spesso ad aggirarsi quasi in uno stato di “convalescenza”, nel quale gli organi tattili sembrano captare tutto per la prima volta. La città è sorprendente e imprevedibile, può sussurrare sempre qualcosa di nuovo; complice la luce, le stagioni, le giornate.
Una mostra che descrivesse brevemente ogni municipio di Roma è apparsa quindi, un’idea entusiasmante.
In una sola mostra 19 pittori vi parleranno dei 19 municipi con dipinti aventi lo stesso formato (50×50)
Una mostra, in apparenza così ordinata e schematica è, a mio parere,una dimostrazione di come un filtro rigido possa servire non a mortificare o confondere, ma anzi a vivacizzare e valorizzare le diversità e le distanza tra ognuno di noi.
Passeggiate quindi attraverso questi brevi flash romani che, visti insieme, tendono ad avvicinarsi ad un racconto breve di immagini, vissuti, sensibilità.
Un racconto breve dalle pagini interscambiali: alcune ermetiche altre narrative, alcune più esplicite e realistice, altre ancora vagamente simboliche.
Buona lettura.
Beatrice Scaccia
Passaggio nella città.
“ Assume l’immediatezza di un quadro quello che altrimenti ci appare solo attraverso la torbida rete della nostra volontà…: la vita dei vicoli e dei mercati, il gioco di sole e di ombra su acqua e terra, la forma di un albero, l’armonia di nobili edifici, le strade le linee di un paesaggio.”
Diciannove quadri raccontano così la città di Roma, il suo ricco sistema di percorsi, di spazi, di luoghi che ne costituiscono il tessuto urbano, con un linguaggio semplice ed evocativo, forme, linee e colori.
I giovani artisti, diciannove appunto, protagonisti di questa mostra mirano e si concedono ciascuno ad un municipio, o rione, andando a respirare le atmosfere, le peculiarità di questi grandi borghi, traendo immagini immediate e concrete.
Si riuniscono sotto il nome di “ La Scuola dei Generi ”, per indicare l’approccio alla pittura intesa come mestiere, codificando il linguaggio nei generi pittorici, paesaggio, veduta, natura morta.
La città ispira le iconografie, i generi, le strutture del sensibile, e per “La Scuola dei Generi ”questa esperienza di confronto con lo spazio urbano è sentita collettivamente, in gruppo, ma vissuta e interiorizzata, resa con soggettività artistica. Il progetto, infatti, pur nella sua omogeneità non tace la poliedricità creativa dei talenti: si rendono manifeste posizioni dialettiche che amano, criticano o rimpiangono nostalgicamente la città di altri tempi.
Tale bipolarismo è ispirato già dalla storia dell’urbe universale, dalle vestigia antiche, dai decorati edifici barocchi, pastosi e gonfi, ma anche la città dei palazzinari, delle periferie di Vespignani, delle borgate e dei loro paesaggi fantasmatici.
La pittura per il giovane gruppo si fa racconto, non si autocelebra, non si fa concetto ma dizione.
Elena Rosa
Una mostra su Roma da un nuovo punto di vista: la città e le sue diciannove città , destrutturare la metropoli in parti, recuperando il valore del municipio, della dimensione umana, della particolarità.
Il tutto visto attraverso le singole entità, un gioco di composizione e scomposizione pittorica della città, reso con una tecnica consapevole e antica, che i diciannove artisti presenti in mostra, recuperano alle origini, intendendo la pittura come mestiere.
L’esordio de “ La Scuola dei Generi” è quasi un manifesto della linea pittorica, che contraddistingue questo giovane gruppo, dipingere è raccontare, rappresentare, ciò che si vuol dire è solo ciò che è visibile. Finalmente degli artisti che amano l’arte del far pittura, ritornando al grado zero ma senza dimenticare ciò che finora si è imparato, attenti al dettaglio, che vivono la città e che semplicemente la descrivono.
Le opere in mostra rispettano un unico formato, come tessere di un puzzle, la cui soluzione è Roma, vista e fermata su tele, con la stessa vivacità di una passeggiata.
Gloria Porcella