Aure visive ed occhi della mente
Prof. Giuseppe Nappi - Prof. Pino Nistico'
Cosa è l'emicrania? Cosa è
l'aura emicranica? Una delle difficoltà a rispondere a
queste domande, solo apparentemente semplici e banali, sta nella
grande varietà di forme in cui questi disturbi possono
presentarsi. Nonostante (ma è pur logico che sia così)
la pratica diagnostica sia strettamente dipendente dalla rilevazione
di una serie di caratteristiche sintomatologiche (stabilite a
partire dal 1988 nell'ambito della International Headache Society),
l'osservazione clinica mostra una estrema eterogeneità
fenomenica.
Sole
sul Cavalletto - G. de Chirico
L'emicrania può svilupparsi in modo molto differente fra
individui diversi, e, con lo scorrere del tempo, persino nello
stesso individuo. Variano la frequenza e l'intensità degli
attacchi, l'aura ed il suo corteo sintomatico, le manifestazioni
neurovegetative di accompagnamento, la risposta ai farmaci sintomatici,
l'impatto sulla vita del paziente. Alcuni trascorrono una vita
pressoché normale convivendo con l'emicrania, altri ne
sono pesantemente coinvolti, sul piano personale, familiare, sociale,
professionale. E', in realtà, una malattia complessa, una
gamma di possibilità.
Se dall'osservazione clinica passiamo
all'aspetto psicologico e consideriamo le strategie di adattamento,
il livello di eterogeneità aumenta ancora. Se questa mostra
è oggi possibile, è solo perché de Chirico
fu superomisticamente capace di trasformare in un'occasione di
conoscenza ciò che per altri è solo disabilità.
E' un caso eccezionale, certo, ma non unico: altre ricerche andrebbero
dedicate ad altri emicranici creativi, come Nietzsche, Gerolamo
Cardano, Lewis Carroll, Ildegarda di Bingen. E cito solo alcuni
fra quelli la cui diagnosi è sufficientemente corroborata
da documenti biografici, perché se si rimanesse alla semplice
comparazione fenomenologica fra le manifestazioni visive dell'aura
e la pittura, la lista sarebbe ben più lunga (da Seurat
a Picasso).
Tutto ciò è ben noto.
Ciò che dobbiamo ora scoprire è come mai tale trasformazione
sia possibile. Come sia possibile, cioè, che alcuni individui
riescano a trasformare l'aura e l'emicrania in una "via breve
alla conoscenza", una fonte di ispirazione creativa. Come
neurologo devo sottolineare due aspetti. Il primo è che
la malattia di cui parliamo non è lesionale ma funzionale.
E' una "esperienza" che non intacca le capacità
cognitive, e dal punto di vista clinico, tale caratteristica è
così importante da essere assunta come uno dei criteri
per una diagnosi differenziale. Durante l'aura il soggetto può
osservare, descrivere, disegnare i fenomeni che gli accade di
sperimentare, può ragionarci su in perfetta lucidità
della coscienza (e ciò segna una differenza fondamentale
fra l'esperienza dell'aura, del sogno, delle manifestazioni psicosensoriali
da neurotossici oppure di natura epilettica).
Il secondo punto importante è che, per quanto le manifestazioni
soggettive dell'aura siano quanto mai personali, i fenomeni visivi
sono di gran lunga i più frequenti. E sorprendentemente
simili: vi sono forme costanti che ritornano (l'aura in fondo
non è altro che il correlato clinico dell'attraversamento
di alcune aree citoarchitettoniche del cervello - vista, tatto,
equilibrio, movimento, etc. - di un'onda bioelettrica inibitoria
a velocità conosciuta). Per questo le stanze senza spazio
di de Chirico, le sue atmosfere estraniate, le figure che diventano
architetture impossibili, l'evidente senso di sospensione del
senso del tempo che si respira nei suoi quadri, sono varianti
personali e geniali di un vocabolario le cui lettere superano
la dimensione della mera soggettività. Forse l'approfondimento
(in particolare mediante le nuove tecniche di neuroimmagine funzionale)
delle basi neurofisiologiche di questi fenomeni ci metterà
in grado di affrontare con maggiore cognizione di causa problemi
finora confinati all'incerta zona di confine fra scienza e filosofia.
Esiste una base fisiologica per quei pattern visivi ritornanti
che nel passato sono stati detti archetipi, paradigmi, se non
addirittura idee platoniche, pitture mentali o lettere della lingua
degli Dei? E' veramente capace il cervello di un "pensiero
visivo" (sul modello dei diagrammi ermetici di Giordano Bruno),
accanto a quello proposizionale-simbolico? Esiste una base fisiologica
di ciò che la tradizione filosofica ha chiamato "occhio
della mente"? In realtà, l'aura può essere
oggi affrontata come una "finestra sul cervello", sul
suo funzionamento modulare, e noi neurologi dobbiamo ringraziare
Giorgio de Chirico e le sue "emicranie metafisiche"
per aver contribuito ad aprirla.